Torre Comunale

Presso questa torre, interamente in laterizio, scorreva un tempo il tratto urbano del fiume Padenna. Attestata per via letteraria forse sin dal 1202 come una delle varie torri nobiliari cittadine, ipoteticamente appartenuta ai Guiccioli, la torre pare essere divenuta proprietà del Comune già dal 1317 o 1326. Da quel momento, per secoli le sue campane hanno richiamato i cittadini in occasioni religiose e civili, così come in caso di calamità o pericoli, fino alla caduta in disuso nel 1915. E’ attestato che tra il XV e l’inizio del XX secolo la parte inferiore della torre fosse abitata dal campanaro. L’edificio, a pianta grossomodo quadrata, si ergeva per oltre 39 metri di altezza, ma la forte pendenza verso ovest, dovuta al cedimento del terreno, ha richiesto un costante monitoraggio e, in anni recenti, prima l’applicazione di una struttura di rinforzo esterna, e infine lo smontaggio del tratto superiore, per cui la torre appare ora di un’altezza pari a circa due terzi dell’originale. E’ possibile che la costruzione, usualmente datata intorno al XII secolo, sia frutto di due diverse fasi costruttive: quella inferiore databile al VI° secolo, come attestato dalla profondità del piano stradale originale, rilevato in un saggio di scavo del 1905, e corrispondente all’incirca a quello della città di quel periodo, e quella superiore databile al XII°-XIII° secolo. La datazione precisa e la scansione in fasi rimangono, comunque, molto difficili. Il castello campanario è stato modificato più volte, specie tra XVI e XIX secolo, anche per far fronte ai cronici problemi di stabilità dovuti, pare, anche all’oscillazione procurata dal suono delle campane, per essere poi definitivamente smontato dopo l’abbassamento della struttura. Due rilievi marmorei molto antichi, purtroppo non più visibili per la struttura in legno che ricopre la parte inferiore della torre, sono inglobati in uno dei lati esterni: un bassorilievo romano di un uomo a cavallo (III secolo) e una testa rovinatissima in cui non sono visibili i lineamenti. Le figure, vicine, ma rivolte in direzioni diverse, hanno ispirato il detto ‘Zarchê Mariola par Ravêna’ (‘Cercar Mariola per Ravenna’), citato perfino nel Don Chisciotte di Cervantes, e che ha dato luogo a svariate interpretazioni, fra le quali la più accreditata è quella di ‘cercare e non trovare qualcosa di molto vicino’.

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