Santa Maria Maggiore

La chiesa di santa Maria Maggiore è attribuita, secondo il Liber Pontificalis dell’Agnello (ca. 900-950), al vescovo Ecclesio (in carica ca. 522-33), già committente della basilica di san Vitale e ivi raffigurato nel celebre mosaico del catino absidale. Secondo l’erudito Girolamo Rossi (XVI sec.), Ecclesio avrebbe convertito in chiesa la propria abitazione paterna, una storia che ricalca dinamiche attestate per altre chiese paleocristiane ravennati, tra le quali la basilica Ursiana (Duomo). Nel XIII secolo la chiesa fu affidata alla famiglia Sassi, poi anche ai signori Polentani; in seguito fu gestita dai Morigia (XVII sec.), dai Rasponi del Sale e da ulteriori famiglie.

La chiesa, che in origine pare avesse una pianta a croce latina, ha subito numerosi rimaneggiamenti. L’antistante campanile risale al IX-X secolo. Tra le poche parti originali dell’edificio, le colonne corinzie e l’abside, indicata da alcuni studiosi come parte di una torre appartenente a un palazzo in cui avrebbe risieduto Galla Placidia, non attestato però da alcuna fonte. Come molte altre chiese coeve, anche questa mostrava in origine una ricca decorazione musiva absidale, crollata e progressivamente perduta dalla metà del XVI secolo. Numerosi documenti dell’epoca attestano, non a caso, le gravi condizioni di degrado dello stabile, che fu completamente ricostruita su disegno di Pietro Grossi nel 1671, con dimensioni ridotte, impianto a tre navate e un semplice stile barocco.

Le pregevoli lapidi all’interno segnano la sepoltura di importanti personaggi ravennati: l’architetto Camillo Morigia (1743-95) (tumulato nella navata centrale: il monumento in elevato è un cenotafio), artefice della tomba di Dante e di vari altri edifici cittadini; l’erudito Ippolito Gamba Ghiselli (1724-88); membri vari dei Rasponi e dei Monaldini, e altri ancora. Oltre all’arca attribuita ad Ecclesio stesso, a un sarcofago romano riutilizzato dalla famiglia Rasponi e all’affresco della Madonna dei tumori, oggi la chiesa ospita numerosi dipinti di pregio, molti dei quali non attribuiti: fanno eccezione San Paolo che visita Sant’Agnese in carcere (Luca Longhi) e La Vergine con Bambino e Santi (Giovanni Battista Barbiani).

Dagli inizi del XX secolo la chiesa fu restaurata e usata come ‘deposito’ di oggetti e arredi provenienti da altre chiese vicine, tra le quali S. Vitale; attualmente è stata restituita al culto e viene officiata quale sede parrocchiale.

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